Destano preoccupazione le ultime dichiarazioni dell’amministratrice delegata di Acciaierie d’Italia Lucia Morselli, rilasciate nell’ambito della sua audizione in Senato, la scorsa settimana.
Dalle sue parole si evince che l’interruzione dei rapporti commerciali con la Sanac sia dovuta allo stato di insolvenza della stessa. L’Ad Morselli fa specifico riferimento al codice etico del suo Gruppo, che vieterebbe il proseguimento della collaborazione, in termini di approvvigionamento dei materiali.
Affermazioni non propriamente puntuali, secondo le associazioni sindacali di categoria, rispetto alla reale condizione del Gruppo che, pur insistendo in una complicata gestione commissariale da oltre 10 anni, ha accresciuto nel biennio 2020-2021 il suo fatturato ed ha allargato, pur marginalmente, sia l’occupazione sia gli investimenti.
Da informazioni ricevute dalla struttura commissariale, negli ultimi anni il gruppo Sanac ha prodotto risultati di bilancio positivi, con aumenti di fatturato e di profitto, facendo gli investimenti consentiti dallo stato di Amministrazione Straordinaria e incrementando i livelli occupazionali.
I reali problemi di Sanac sono intervenuti nel momento in cui - a far data dal maggio 2021 - è stata proprio Acciaierie d’Italia a bloccare inspiegabilmente gli ordinativi di materiale refrattario al Gruppo (per anni, prima Ilva, poi Arcelor Mittal e infine la stessa Acciaierie d’Italia si sono rifornite di materiale refrattario da Sanac).
Questa scelta incomprensibile ha portato a una flessione della tenuta economica di Sanac, un’azienda storicamente nata per rifornire la siderurgia nazionale e che compone quasi il 60% del suo fatturato con le lavorazioni utilizzate dagli stabilimenti industriali dell’ex Ilva di Taranto.
Inoltre, la partita debitoria che Acciaierie d’Italia ha verso Sanac, nonostante i numerosi decreti ingiuntivi, ancora oggi pesa per circa 23 milioni di euro e non fa che aumentare il disagio nella gestione quotidiana, mettendo in pericolo anche gli stipendi dei lavoratori.
Vale la pena ricordare che durante il primo bando di gara, con accordo sottoscritto nel 2019 presso il Ministero dello Sviluppo Economico, il gruppo Arcelor Mittal Italia (oggi confluito in Acciaierie d’Italia) si impegnava formalmente all’acquisizione di Sanac. Acquisizione mai definita e sempre prorogata con fideiussioni bancarie fino al 2022.
Questo atteggiamento di Acciaierie d’Italia rischia di compromettere definitivamente il futuro di Sanac e dei 306 dipendenti, verso i quali pende già un forte utilizzo di cassa integrazione straordinaria. E con tale approccio si va verso la distruzione di un pezzo fondamentale della siderurgia nazionale.
Per quanto è dato sapere, l’approvvigionamento del materiale refrattario oggi viene garantito ad Acciaierie d’Italia attraverso altre società concorrenti a Sanac, che non offrono un maggiore vantaggio economico. Quest’ultima si evidenzia come una dinamica pericolosamente contraddittoria: così agendo, Acciaierie d’Italia (azienda partecipata dallo Stato al 38%) spende di più per acquistare materiali, contestualmente fa flettere la tenuta di Sanac (azienda completamente gestita dalla Stato) e aumenta i costi degli interventi statali in termini ammortizzazione sociale.
Il protrarsi di questa condizione non solo ha determinato per il 2022 l’apertura di due bandi di gara, che tuttavia sono risultati privi di reali manifestazioni d’interesse, ma ha anche sollevato pesanti preoccupazioni sulla possibilità di chiusura di alcuni siti (a oggi Sanac ha stabilimenti attivi nelle province di Vercelli, Savona, Massa Carrara e Cagliari), con le relative ricadute sociali ed occupazionali.
“Nell’ultimo incontro con la Gestione Commissariale – dichiarano Filctem, Femca, Uiltec – siamo stati informati della proposta che i Commissari hanno avanzato al ministero delle Imprese e del Made in Italy, relativa alla chiusura temporanea di due siti produttivi entro il prossimo aprile ed eventualmente, in un secondo momento, al blocco temporaneo di ulteriori due unità produttive. Soluzione che riteniamo inaccettabile e che respingiamo fermamente”.
“Crediamo – concludono i sindacati di categoria - che la soluzione di questa vicenda paradossale non possa attendere oltre: abbiamo più volte sollecitato il Ministero e siamo in attesa di un incontro con il Governo, senza il quale siamo già pronti a mettere in campo mobilitazioni e azioni incisive di rivendicazione. A nostro avviso la soluzione più semplice ed immediata è che il Governo italiano debba farsi garante del futuro dell’azienda, riattivando immediatamente il rapporto commerciale tra Sanac e Acciaierie d’Italia. Inoltre, chiediamo a chi si appella a codici etici aziendali, stranamente ritenuti fondamentali solo in questi ultimi mesi, di dimostrare di avere senso di responsabilità nel ruolo a cui è chiamata, ossia quello di curare gli interessi complessivi della Società che amministra e di cui lo Stato italiano non è parte residuale”.